LUNEDÌ 5 GIUGNO 2006
Caro diario,
Oggi l’insegnante è entrato in classe e ha chiesto a ciascuno di noi: «Qual è il vostro obiettivo nella vita? Cosa volete fare da grandi?»
Ognuno ha parlato del proprio. Arrivato il mio turno ho detto: “Diventare un’insegnante”.
Lui mi ha guardato e gelidamente ha risposto:
«Bertolone i sogni sono belli, ma non sempre si realizzano. E il tuo è uno di quelli che dubito si realizzi».
In classe è calato il silenzio. Tutti mi guardano e divento rosso. Faccio un respiro, trattengo la rabbia e rispondo solamente:
«Mi scusi professore, lei ama il suo lavoro? È felice la mattina quando si sveglia sapendo di venire a scuola? Fare l’insegnante era il suo sogno oppure ha ripiegato su questo lavoro?
Un giorno, in un modo o nell’altro, so che questo sogno si realizzerà, perché ci credo. Chi ama il proprio sogno lotta per portarlo avanti, nonostante tutto e tutti. E se mai diventerò insegnante non sarò mai come lei. Cercherò di spronare i miei studenti a credere nei propri sogni. Non sarò certo io a distruggerli prima ancora che li abbiano concepiti».
In classe il silenzio è diventato glaciale. Tutti mi guardano come se fossi impazzito. L’insegnante mi ride in faccia e dice: «Bertolone il tempo metterà al proprio posto ogni cosa e quando quello che penso su di te accadrà verrai da me e mi dirai che non sbagliavo. Credimi sognare è da stupidi.
Comunque se proprio vuoi farti del male vai, sogna, sbattici la facci e poi torna a raccontarmi del tuo fallimento».
Lo guardo negli occhi e rispondo solo: «Ci vediamo fra un po’ di anni e vedremo chi dei due avrà perso tempo».
Poi suona la campanella e finisce il suo giochetto per affossarci.
I battiti del mio cuore tornano regolari, il respiro si fa meno affannato e il sangue torna a scorrere normalmente.
Tutti vengono in torno a me, ma non ascolto più nessuno. Mi alzo, esco dall’aula e vado in giardino.
I pensieri hanno bisogno di rimettersi in ordine dopo la tempesta.
A presto
Angelo
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