L’articolo 33, 1º comma, della Costituzione Italiana sancisce: "L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento". Di conseguenza la "Libertà di insegnamento" è, innanzitutto, la libertà didattica, perché il professore - e solo lui - è il titolare del progetto didattico, cioè dell'insieme dei comportamenti professionali che permettono di ottenere i risultati voluti, meglio ancora se coordinati con quelli degli altri insegnanti che operano in una classe.
Quindi senza nulla togliere alla collaborazione "essenziale" tra le due agenzie educative più importanti, scuola - famiglia, nella formazione dei nostri giovani: "nessuno dall'esterno può indicare modalità professionali di azione senza ledere questa libertà". Da ciò discende che gli unici e principali titolari della ricerca didattica non possono essere persone o enti esterni, perché infatti i titolari dell'insegnamento devono essere solo ed esclusivamente gli insegnanti.
C'è poi la libertà riguardo il proprio orientamento culturale, propria della persona in quanto tale. Nessuno vorrà negare questa forma di libertà di insegnamento, e poiché il processo educativo a scuola è sviluppo degli studenti come persone nel confronto con altre - non solo con insegnanti -, i giovani vengono educati alla libertà attraverso il modello e il confronto con la libertà di insegnamento dell'insegnante, in un continuo processo di rispecchiamento.
Quindi, come affermava don Lorenzo Milani, "fare scuola significa svolgere un compito civile di altissimo valore: insegnare a non obbedire acriticamente, in quanto l’obbedienza non è più una virtù ma, a livello sociale, la più devastante delle tentazioni e a livello individuale la più subdola". Di conseguenza, la scuola "è l’unica differenza che c’è tra l’uomo e gli animali. Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera. Il ragazzo crescendo ci aggiunge qualche cosa e così l’umanità va avanti”.
Così, giusto per ricordarlo!
Prof. RH
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