Quando si arriva nel centro di Sultanahmet, di fronte a Santa Sofia, si vede l’immensa moschea, universalmente è conosciuta come la Moschea blu. Il suo nome deriva dalle 21.043 piastrelle di ceramica turchese inserite nelle pareti e nella cupola. È infatti il turchese il colore dominante nel tempio. In turco si chiama Sultanahmet Camii, dove camii vuol dire moschea. Pareti, colonne e archi sono ricoperti dalle maioliche di İznik (l’antica Nicea), decorato in toni che vanno dal blu al verde. Rischiarate dalla luce che filtra da 260 finestrelle, conferiscono alla grande sala della preghiera un’atmosfera suggestiva quanto surreale.
La Moschea Blu, che risale al XVII secolo, è anche l’unica a poter vantare ben sei minareti, superata in questo solo dalla moschea dove si trova la Ka’ba, alla Mecca, che ne ha sette. Tale particolarità architettonica è dovuta, secondo una storia popolare, ad un fraintendimento: l'espressione delle manie di grandezza del sultano Ahmed I, non potendo eguagliare la magnificenza della Moschea di Solimano (Suleymaniye Camii) né quella di Hagia Sophia, non trovò soluzione migliore per cercare di distinguerla con i minareti in oro; L’architetto fraintese però le parole del sultano, capendo “altı” (in turco “sei”) anziché “altın” (oro). Ma oltre a queste curiosità, è indubbio che i minareti siano fondamentali nella religione islamica proprio perché per il musulmano tutte le cose sono simboli della presenza e della volontà divina: la luce metallica che brilla sul minareto gli ricorda che Allah, secondo il Corano, è la luce del cielo e della terra.
Il sultano, inoltre, aveva una loggia privata a piano superiore, che poteva essere raggiunta direttamente a cavallo. La moschea fu edificata su parte del sito del Gran Palazzo di Costantinopoli (oggi Istanbul), di fronte ad Hagia Sophia (a quel tempo la più venerata moschea di Istanbul) e all'Ippodromo, un altro sito di grande valenza simbolica. La costruzione della moschea iniziò nel 1609: lo stesso sultano diede avvio ai lavori. Era, infatti, sua intenzione che questa moschea divenisse il luogo di culto più importante dell’Impero. Scelse per sovraintendere ai lavori il suo architetto Sedefkar Mehmet Ağa, prima allievo e poi assistente di Sinan. L’organizzazione della costruzione fu meticolosamente descritta in otto volumi ora conservati nella biblioteca del Topkapi. Entrando nella Moschea Blu si rimane meravigliati dalla grandezza dell’ambiente e dell’altezza del soffitto dal quale scendono delle lampade immense che illuminano il luogo con una luce calda di giorno e di sera.
Per entrare all'interno della moschea, all’ingresso degli addetti consegnano dei teli per coprire le gambe, il petto e le braccia se l'abbigliamento del visitatore lascia scoperte queste parti e bisogna anche togliersi le scarpe e portarsele dietro dentro delle buste consegnate all’ingresso. Essendo prima di tutto una struttura religiosa adibita al culto, i visitatori sono tenuti al rispetto del luogo sacro anche nell'abbigliamento, soprattutto se si considera che la moschea é considerata dai musulmani luogo specifico della presenza di Allah; anche per questo tutto il pavimento è completamente coperto da antichi tappeti di rara e raffinata bellezza.
La Moschea Blu, che risale al XVII secolo, è anche l’unica a poter vantare ben sei minareti, superata in questo solo dalla moschea dove si trova la Ka’ba, alla Mecca, che ne ha sette. Tale particolarità architettonica è dovuta, secondo una storia popolare, ad un fraintendimento: l'espressione delle manie di grandezza del sultano Ahmed I, non potendo eguagliare la magnificenza della Moschea di Solimano (Suleymaniye Camii) né quella di Hagia Sophia, non trovò soluzione migliore per cercare di distinguerla con i minareti in oro; L’architetto fraintese però le parole del sultano, capendo “altı” (in turco “sei”) anziché “altın” (oro). Ma oltre a queste curiosità, è indubbio che i minareti siano fondamentali nella religione islamica proprio perché per il musulmano tutte le cose sono simboli della presenza e della volontà divina: la luce metallica che brilla sul minareto gli ricorda che Allah, secondo il Corano, è la luce del cielo e della terra.
Il sultano, inoltre, aveva una loggia privata a piano superiore, che poteva essere raggiunta direttamente a cavallo. La moschea fu edificata su parte del sito del Gran Palazzo di Costantinopoli (oggi Istanbul), di fronte ad Hagia Sophia (a quel tempo la più venerata moschea di Istanbul) e all'Ippodromo, un altro sito di grande valenza simbolica. La costruzione della moschea iniziò nel 1609: lo stesso sultano diede avvio ai lavori. Era, infatti, sua intenzione che questa moschea divenisse il luogo di culto più importante dell’Impero. Scelse per sovraintendere ai lavori il suo architetto Sedefkar Mehmet Ağa, prima allievo e poi assistente di Sinan. L’organizzazione della costruzione fu meticolosamente descritta in otto volumi ora conservati nella biblioteca del Topkapi. Entrando nella Moschea Blu si rimane meravigliati dalla grandezza dell’ambiente e dell’altezza del soffitto dal quale scendono delle lampade immense che illuminano il luogo con una luce calda di giorno e di sera.
Per entrare all'interno della moschea, all’ingresso degli addetti consegnano dei teli per coprire le gambe, il petto e le braccia se l'abbigliamento del visitatore lascia scoperte queste parti e bisogna anche togliersi le scarpe e portarsele dietro dentro delle buste consegnate all’ingresso. Essendo prima di tutto una struttura religiosa adibita al culto, i visitatori sono tenuti al rispetto del luogo sacro anche nell'abbigliamento, soprattutto se si considera che la moschea é considerata dai musulmani luogo specifico della presenza di Allah; anche per questo tutto il pavimento è completamente coperto da antichi tappeti di rara e raffinata bellezza.
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