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33 ore, 33 lezioni


In un anno scolastico le ore di lezione frontale destinate alla mia materia, l'IRC, sono esattamente 33 per classe. Pochissime se si considera il grande lavoro che si potrebbe fare con e per gli studenti. Molte volte, capita addirittura che, in qualche classe, a questo numero (già irrisorio in partenza), vengano sottratte molte ore per gite, progetti, incontri con esperti esterni, ecc... Questo impone a noi insegnanti di ripensare il tempo in classe e cercare di ottimizzarlo.
In questi sette anni di insegnamento ho imparato la pragmaticità, ossia cercare di trarre il massimo dalle lezioni frontali nonostante il pochissimo tempo a disposizione. In questo senso, svolgere molte UDA attraverso il metodo EAS mi è stato di grande aiuto.
Un EAS, spiega il prof. Rivoltella del CREMIT (Università Cattolica del Sacro Cuore), é «una porzione di azione didattica, ovvero l’unità minima di cui consta l’agire didattico dell’insegnante in contesto; in quanto tale esso costituisce il baricentro a partire dal quale l'edificio della didattica si organizza».


Altresì, continua Rivoltella, « il metodo degli EAS si deve considerare come un approccio integrale (e  integrato) all'insegnamento che, certo, nel caso dell’utilizzo di dispositivi digitali mobili trova la propria applicazione preferenziale, ma che funziona a prescindere dalla loro presenza». Un insegnamento, quindi, che pur trovando davanti a se una autostrada digitale e preferenziale, deve sempre funzionare a prescindere da essa. Avere in classe dei nativi digitali, non vuol dire che il centro di tutto debba necessariamente essere il digitale. Da quest'anno, ad esempio, sto sperimentando in tutte le mie classi l'utilizzo di EDMODO. Si tratta di un vero e proprio social network per la didattica, per mettere in contatto insegnanti e studenti in modo che si possa, in tutta sicurezza, collaborare, organizzarsi, accedere ai compiti e alle valutazioni, leggere i messaggi della scuola anche da casa. Uno strumento validissimo che non deve e non potrà mai sostituire la lezione frontale in classe.



Bisogna quindi pensare ad una didattica digitale "saggia", citando ancora Rivoltella, che favorisca «la riconcettualizzazione della  tecnologia come risorsa culturale "normale" per la didattica (è  quanto avviene  quando  il  cellulare, o il tablet, vengono usati in classe per svolgere attività di apprendimento)».



Con questo articolo non abbiamo voluto fornire una spiegazione esaustiva del metodo EAS (c'è già il CREMIT a svolgere questo importante lavoro di ricerca e sviluppo), ma soltanto porre le basi per una riflessione sul cambiamento di visione del lavoro a casa (che è l'unico capace di ovviare alla mancanza di tempo di cui parlavo sopra). In passato era basato su un apprendimento a posteriori che favoriva la ripetizione, lo stabilimento di routines ed era scarsamente motivante. Con il metodo EAS al contrario, il lavoro a casa (sempre in gruppi da due/tre persone) può: avere funzione di recupero e consolidamento, permettere l'emergere delle rappresentazioni sul nuovo oggetto di studio, mettere in relazione il nuovo contenuto con le esperienze pregresse, ecc.. In una parola, stimolare ogni studente a dare il massimo.
Lettura, ricerca, analisi, esperienza sono le parole chiave che aiutano l'insegnante a raggiungere l'obiettivo formativo prefissato in partenza e gli studenti a sviluppare competenze a partire dai propri interessi e dalle loro attitudini.
Il metodo EAS, in ultima analisi, «ottimizza tutti e tre gli scenari di  base dell'apprendere (esperienza, modellamento e ripetizione) che  la  ricerca  nel  campo  delle  neuroscienze ha  dimostrato  essere  all'opera  nell'apprendimento  umano».



Il mondo e la scuola stanno cambiando rapidamente ed è con la stessa velocità che ogni insegnante deve dare il massimo per poter stare al passo formandosi in continuazione. Se vogliamo una scuola che sia davvero aperta al cambiamento dobbiamo porre l'attenzione su ciò che noi insegnanti possiamo fare, dal basso, per migliorare il sistema. Un sistema dove i nostri studenti sono il principio e il fine di tutto, perché se un giorno questi ragazzi reggeranno il nostro mondo sarà stato anche merito della tenacia e della passione di ogni insegnante che per loro ha fatto il possibile affinché crescessero al meglio. Le rivoluzioni e i cambiamenti positivi nella storia sono sempre nati dal basso e noi docenti, in questo frangente storico, possiamo solo rimboccarci le maniche e lavorare con passione, finché ci verrà permesso.
Prof. RH Plus

Fonti
Bibliografia: Rivoltella, P.C. (2013). Fare  didattica  con  gli  EAS, Brescia:  La  Scuola;
Immagine 2 da slide: Una proposta metodologica: insegnare e apprendere con gli Episodi di Apprendimento Situati dott.ssa Serena Triacca.

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