La settimana scorsa il professore ci ha raccontato la storia del lupo di Gubbio. La storia parla del viaggio di Francesco nella città di Gubbio. Il “Fioretto”, che racconta questo episodio, non solo è una metafora del male reso mansueto con la dolcezza, ma è la descrizione allegorica di ogni nostra relazione con il diverso, ossia: con colui che vive fuori dal nostro territorio, dal nostro spazio vitale.
Come compito il prof. ci ha chiesto di fare una riflessione sui motivi che portano ad aver paura della diversità.
Il diverso ci fa paura. Ognuno di noi ha riflettuto e messo per iscritto il proprio parere sul tema affrontato in classe e questo nostro articolo vuole esserne una sintesi.
Molte volte il "diverso" diventa "lupo" soprattutto quando nella nostra realtà una persona viene allontanata dal gruppo perché di diversa nazionalità, di carattere diverso o perché ha degli atteggiamenti "strani". E dietro a questa emarginazione, molte volte, si nasconde un'aggressività che a lungo andare esplode in un atteggiamento aggressivo che esprime un bisogno di affetto, integrazione.
Studiando storia, ad esempio, ci siamo accorti come nel medioevo si avesse paura di tutto ciò che non rientrava nei canoni della normalità di quel tempo. E anche se sono passati secoli nulla é cambiato perché la storia è fatta dagli esseri umani che questo atteggiamento lo hanno avuto, lo hanno e lo avranno perché tutto ciò che non si conosce fa paura. Al contrario, pensiamo che anche se il diverso può far paura, non è detto che sia sinonimo di "cattivo".
Ci ha colpito, in particolare, un testo che il prof. ci ha letto: "quel fratello, allora, assume realmente le fattezze del lupo mannaro di fronte al quale è meglio fuggire. Così “Lupo” finisce per diventare quel paio di occhiali che istintivamente inforchiamo di fronte a realtà che ci impaurisco e turbano la nostra quiete, la lente di ingrandimento con la quale guardiamo la realtà difficile del nostro quotidiano, la griglia di valutazione di giudizi più o meno affrettati e malvagi. A questo punto il gioco è fatto. Il diverso diventa veramente, suo malgrado, un mostro da tenere ancor più lontano dal nostro territorio, perché brigante, assassino, ladro dai quali difenderci con la sua stessa arma."
L'essere umano per natura, come già detto prima, ha paura di tutto ciò che non conosce, di tutto ciò che è diverso e solo chi ha la voglia di comprendere ciò che non capisce (dalla cultura altrui, alla lingua, alle tradizioni, ecc) riesce ad abbattere le barriere che, spesso, vengono erette nelle realtà che vive.
"In questa terra, dove tutto potrebbe essere a nostra misura, si inserisce il diverso, lo sconosciuto, l’altro; proprio nella “nostra casa” scopriamo fratelli e sorelle lontani mille miglia dai nostri parametri razionali, incomprensibili nel linguaggio, nella logica ecc. Così la paura ci assale: “sarà forse nostro nemico?” ci chiediamo nel segreto del cuore. Vorremmo conoscerlo, per possederlo così da controllarlo, caso mai lo scoprissimo pericoloso. Ci accorgiamo, però, che è difficile comprendere il suo linguaggio e molto arduo riconoscerlo a noi familiare."
Crediamo che l'essere diversi sia un bene, perché il mondo è bello perché è vario, che avere tutti le stesse idee, gli stessi comportamenti, lo stesso carattere, a lungo andare diventa noioso. Non è giusto allontanare le persone perché sono diverse da noi. Ogni persona è normale nella sua diversità e non bisogna avere paura di ciò che non si capisce, non si condivide e non si conosce.
Pensiamo, allora, che tutte le persone dovrebbero essere libere di esprimere le loro opinioni e di fare tutto ciò che le fa stare bene senza la paura di essere giudicate o emarginate, solo per una "diversità" vista da chi non riesce a guardare oltre le apparenze. Una diversità che, a volte, riesce a far male, quando invece basterebbero quei gesti di gentilezza "a casaccio" che aprono il cuore e fanno sentire accolte le persone che li ricevono.
Redazione II E - Mombretto: Alessia Russo, Arianna Camasso, Emy Caccioppola, Nicole Caccioppola, Sofia Meazza
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