In questi giorni una nuova competizione sta spopolando tra le diverse università milanesi e non solo. Sono ormai lontani i tempi in cui la validità degli atenei veniva valutata in base al grado di occupazione dopo la laurea, o alla preparazione dei professori, oggi, infatti, l’università migliore viene decretata in base alla taglia di reggiseno delle sue studentesse, e all’entità delle risposte al grido dell’ashtag #escile.
Il Politecnico e la Bocconi hanno aperto le gare, postando sui rispettivi profili Spotted le foto, inviate dalle stesse studentesse e pubblicate anonimamente, di generosi décolleté firmati l’università di provenienza. L’eterna rivalità tra questi atenei ha iniziato a disputarsi anche su questo nuovo fronte quindi, coinvolgendo a ruota Cattolica, Statale e molte altre. Ben presto alle foto di seni si sono aggiunte quelle di lato B scultorei, e, in risposta ai commenti che gridavano al sessismo, anche la parte maschile ha voluto contribuire a valorizzare il buon nome della propria università con foto in boxer e di addominali. 1453123024-foto-hot
“Anni di lotta di genere per finire così” commenta qualcuno, immediatamente tacciato di perbenismo. Tuttavia qui il problema non è il narcisismo e l’esibizionismo di chi vuole mettersi in mostra protetto dalla garanzia dell’anonimato, non è neanche la spasmodica ricerca di like che sembra valgano oggi più della dignità, ma sono proprio i soggetti coinvolti in questa situazione a incrementarne l’assurdità, e la tristezza. Si, perchè i protagonisti di questa nuova moda sono studenti universitari, delle università più rinomate di Milano tra l’altro, che si autodefiniscono la futura classe dirigente, quelli che, fra qualche anno, avranno il compito di portare avanti il Paese. Ragazzi dotati di una buona istruzione, che dovrebbero avere un’apertura mentale tale da non permettere che gli si annebbi il cervello alla visione di due tette, e da impedirgli di incitare alla pubblicazione di foto sempre più coraggiose e sempre più immaginedisinibite. Ci si indigna tanto se viene assunta la ragazza con la gonna più corta al colloquio, ma poi ci si spoglia senza che questo porti anche a qualcosa. Non solo, ma cosa si pensa di dimostrare attraverso tanta bassezza a chi, sempre più frequentemente, addita i giovani come inconcludenti, non meritevoli di fiducia e “bamboccioni”? In questo modo non si fa altro che dargli ragione. Fortunatamente sono ancora pochi quelli che si sono prestati a questa sfida, e si spera che questo nuovo tormentone si esaurisca così com’è nato, ma trovarsi nella stessa categoria di queste persone, ed essere valutati nell’insieme come loro provoca una certa dose di rabbia, soprattutto a chi, come me e siamo tanti (la maggioranza, per fortuna) impiega il suo tempo in attività un po’ più proficue che facendosi foto allo specchio in intimo.
Al di là delle statistiche, delle faide tra atenei, dei pregiudizi gli uni sugli altri, il valore vero è dato dalle persone, e sono le persone che singolarmente dovranno rendere conto delle loro competenze e della loro intelligenza, il solo aver frequentato una buona università non può aprire ogni porta. Anche perchè la retta la può pagare papà, ma un cervello funzionante, proprio no. E menomale.
19 gennaio 2016
Fonte: Valentina Marasco per MIfacciodiCultura
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