Da dove viene questo racconto del diluvio e del giusto Noè che sfuggì alla morte su un’arca, una zattera, in compagnia di tutti gli animali?
Sicuramente c’è un fondamento storico nel senso che in tempi remoti una catastrofe, piogge torrenziali o inondazioni, hanno colpito la valle del Tigri o dell’Eufrate, il cuore di quella «mezzaluna fertile» in cui si è sviluppata la cultura che fa da quadro di riferimento ai racconti biblici del libro della Genesi. Deve essersi trattato di una catastrofe di proporzioni tali da essere ricordata per molti secoli.
Scavi condotti indipendentemente a Ur e a Kish nel 1929 da missioni archeologiche inglesi, rivelarono segni evidenti di inondazioni avvenute in date differenti. Questo significa, se non altro, che l’area del Tigri e dell’Eufrate era soggetta a violente inondazioni che possono fornire il nocciolo storico del racconto biblico. Un’altra fonte, questa volta letteraria, sono le storie parallele di diluvio che sono presenti nelle fonti mesopotamiche e specialmente in quell’epopea di Gilgamesh di cui abbiamo già parlato. Racconta, quest’epica antica, che un giorno gli dèi, allarmati dalla crescita pericolosa degli uomini, decidono di annientarli con una gigantesca inondazione: il diluvio. Ma il più intelligente degli dèi, Ea, pensò che fosse stolto privarsi di questi utili servitori e avvisò il più intelligente degli uomini: Utanapihstim. Costui, costruì un battello, lo fornì di provvigioni, lo riempì di animali e con tutta la sua famiglia scampò alla catastrofe.
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