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Provo a contare le stelle (senza possederle)

Faccio il lavoro più bello del mondo, almeno per me. Parto da questo presupposto. Lo faccio in un tempo diverso rispetto a quello in cui sono stato uno studente. Un mondo in cui le informazioni corrono veloci sulla rete, le relazioni si ramificano fino a perdersi e dove a volte ci si confonde come sbagliando la via che stavi cercando tra le strade della tua città. Un mondo popolato da tutti, giovani in primis.


Da qualche settimana ho cominciato a rileggere uno dei racconti più belli, intensi, geniali che ho avuto la fortuna di apprezzare (la "materia" è immensa e in tal senso mi reputo sempre uno studente): Il piccolo principe.


Lo sto rileggendo con i miei ragazzi e sto imparando tanto anch'io. Sto pian piano rivalutando persino esperienze che prima ritenevo negative. Forse perché in passato le guardavo con gli occhi e non col cuore. Sede dell'anima per gli antichi egizi (la "pesatura del cuore" del dio Anubi di scolastica memoria), il cuore è sempre stato d'ispirazione a poeti, scrittori, cantautori, pittori, musicisti. Il cuore é la lente d'ingrandimento che aiuta a scorgere l'essenziale, che è invisibile agli occhi.



Ultimamente condivido in rete (Facebook, YouTube, Instagram, Twitter) le mie esperienze didattiche, religiose, culturali e personali non per vanto o auto celebrazione. Non mi interessa, non ci guadagno nulla. Eppure mi sono arrivate proposte di tutti i tipi.



Le condivido, in un mondo dove non si fa "niente per niente", per dare l'esempio ai miei studenti.
Per far comprendere loro che ci sono "persone grandi che [non] amano le cifre", che si interessano "al suono della voce" del proprio prossimo, che non "contano le stelle" solo per possederle, amministrarle, contarle e ricontarle.
Per dimostrare loro che "le persone grandi [non] sono proprio [tutte] stravaganti."
Prof. RH Plus

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