Insegno religione ormai da 6 anni. Ogni anno incontro oltre 400 ragazzi e tra i nuovi c’è sempre qualcuno che mi chiede: “Prof., ma perché ha scelto di insegnare religione?”. La mia risposta è che mi piace incontrare i giovani, lavorare insieme e offrire loro l’opportunità di conoscere il significato profondo dell’esperienza religiosa, della vita, del mondo.
Mi piace insegnare religione. Se avessi scelto di insegnare altro, italiano, ad esempio, avrei avuto più tempo da dedicare ad una singola classe, ma non avrei mai conosciuto tutti quei ragazzi che ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada. Sono felice della scelta fatta anni fa, perché è fare l’insegnante che più mi appassiona. La sento scorrere nelle vene la passione per l'educazione delle giovani generazioni. É un sogno. Per dirla come D'Avenia: «Solo quando l'uomo ha fede in ciò che è al di sopra della sua portata - questo è un sogno - l'umanità fa quei passi in avanti che l'aiutano a credere in se stessa.»
Insegnare religione è una sfida, perché i ragazzi vengono da più parti sollecitati dal bisogno di competizione, dalla necessità di ricevere un voto e dalla smania di essere primi a tutti i costi, più che dalla voglia di imparare solo per il gusto di farlo. É una sfida perché i giovani volti che tutti i giorni incontro nelle aule scolastiche sono il mio, anzi, il nostro futuro. Saranno loro il nostro domani. Non sarei un vero insegnante se non avessi la propensione verso le sfide educative del nostro millennio: l'educazione all'ascolto, al dialogo, alla tolleranza e alla coscienza critica. Inoltre, il fatto che l'IRC sia l'unica materia che può essere scelta liberamente a scuola la rende "unica" nel suo genere. A questo bisogna aggiungere che nelle mie scuole non si avvale dell'IRC solo lo 0,3% degli iscritti e questo per me é motivo di orgoglio, soprattutto perché tra chi si avvale ci sono anche ragazzi di altre religioni e atei. Segno di apertura al dialogo e al confronto verso le differenti concezioni della fede, della vita e della cultura.
Una materia “di-versa” che dall'aula scolastica si proietta all'esterno. Alla vita "vera" dove può capitare, citando Dante, di ritrovarsi «per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita» e dove cercare e trovare il proprio Virgilio: «colui da cu' io tolsi lo bello stilo che m'ha fatto onore.» Colui che può aiutare lo studente e la studentessa a scoprire "Ciò che inferno non é".
Prof.RH Plus
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