L’Islam riconosce all’uomo e alla donna la medesima dignità di fronte a Dio, in quanto creati secondo la Sua forma, “da un’anima unica”, come dice il Corano, con le medesime possibilità di conoscere e realizzarsi. Nella vita, naturalmente, ciascuno deve assumere qualità e compiti diversi per poter condurre al meglio la vita in questo mondo, applicando le regole della religione nella ricerca di un perfezionamento e di un’armonia che rispecchi l’ordine celeste.
Fin dai tempi del Profeta Muhammad l’Islam ha attribuito alla donna grande importanza, favorendone l’istruzione e richiedendo la sua partecipazione attiva nella vita della comunità. Sia nel Corano che nella vita del Profeta si trovano molti esempi di figure femminili che rappresentano la varietà e la ricchezza dell’apporto femminile alla società e alla vita religiosa. Si ricordano Agar moglie di Abramo e madre di Ismaele o Maria la madre di Gesù, eletta tra le donne. Tra le mogli del Profeta, Khadijah è considerata esempio di perfezione: ella riconobbe subito la singolare elezione del Profeta ancora prima che ricevesse la rivelazione e chiese di poterlo sposare, fu la prima credente ad entrare nell’Islam. Alla sua morte il Profeta sposò una giovane fanciulla, ‘A’isha, nata musulmana e figlia di Abu Bakr; è chiamata “la madre dei credenti”, ella condivise molti momenti della vita del Profeta, cosa che le permise di poter ritrasmettere alla sua morte “i detti”, cioè una parte molto importante del suo esempio.
Ricordiamo Zaynab, moglie del Profeta, colei le cui mani “giungevano più lontano”. Zaynab lavorava le pelli producendo oggetti di abbigliamento, e il ricavato del suo lavoro veniva elargito in elemosina. Questi modelli femminili sono ben lontani dalle immagini di segregazione e coercizione forzata a cui spesso vengono associate le donne musulmane. Per non fermarsi alle apparenze, agli stereotipi moderni o anche ad interpretazioni letteraliste delle espressioni del Corano e dell’esempio del Profeta, si può ricercarne e conoscere, invece, il significato simbolico più profondo, come per 14 secoli si è tramandato. Prendiamo ad esempio il velo, hijab, intendendo quel foulard che copre il capo nascondendo i capelli; esso è richiesto solo per i momenti rituali o quando si frequenta un luogo sacro.
La scelta di estendere l’obbligo a tutti i momenti della giornata è un fatto personale. L’atto di velarsi rappresenta la volontà di esprimere, anche esteriormente, la propria vocazione religiosa; persino il Profeta viene raffigurato con un velo o una fiamma sul volto affinché non gli venga associata nessuna caratteristica individuale. Velando la propria bellezza esteriore, la donna deve saper svelare altre qualità della sua persona. Un altro aspetto simbolico del velo è la protezione dalle offese, come fece la Vergine Maria. Ma sarebbe un grave errore per una donna musulmana associare le virtù al velo, perché, si sa, “non è l’abito che fa il monaco” e la religiosità si esprime ben al di là delle apparenze esteriori.
Brano tratto dall'opuscolo "Conoscere l'Islam"
A cura del CO.RE.IS. Milano
Fin dai tempi del Profeta Muhammad l’Islam ha attribuito alla donna grande importanza, favorendone l’istruzione e richiedendo la sua partecipazione attiva nella vita della comunità. Sia nel Corano che nella vita del Profeta si trovano molti esempi di figure femminili che rappresentano la varietà e la ricchezza dell’apporto femminile alla società e alla vita religiosa. Si ricordano Agar moglie di Abramo e madre di Ismaele o Maria la madre di Gesù, eletta tra le donne. Tra le mogli del Profeta, Khadijah è considerata esempio di perfezione: ella riconobbe subito la singolare elezione del Profeta ancora prima che ricevesse la rivelazione e chiese di poterlo sposare, fu la prima credente ad entrare nell’Islam. Alla sua morte il Profeta sposò una giovane fanciulla, ‘A’isha, nata musulmana e figlia di Abu Bakr; è chiamata “la madre dei credenti”, ella condivise molti momenti della vita del Profeta, cosa che le permise di poter ritrasmettere alla sua morte “i detti”, cioè una parte molto importante del suo esempio.
Ricordiamo Zaynab, moglie del Profeta, colei le cui mani “giungevano più lontano”. Zaynab lavorava le pelli producendo oggetti di abbigliamento, e il ricavato del suo lavoro veniva elargito in elemosina. Questi modelli femminili sono ben lontani dalle immagini di segregazione e coercizione forzata a cui spesso vengono associate le donne musulmane. Per non fermarsi alle apparenze, agli stereotipi moderni o anche ad interpretazioni letteraliste delle espressioni del Corano e dell’esempio del Profeta, si può ricercarne e conoscere, invece, il significato simbolico più profondo, come per 14 secoli si è tramandato. Prendiamo ad esempio il velo, hijab, intendendo quel foulard che copre il capo nascondendo i capelli; esso è richiesto solo per i momenti rituali o quando si frequenta un luogo sacro.
La scelta di estendere l’obbligo a tutti i momenti della giornata è un fatto personale. L’atto di velarsi rappresenta la volontà di esprimere, anche esteriormente, la propria vocazione religiosa; persino il Profeta viene raffigurato con un velo o una fiamma sul volto affinché non gli venga associata nessuna caratteristica individuale. Velando la propria bellezza esteriore, la donna deve saper svelare altre qualità della sua persona. Un altro aspetto simbolico del velo è la protezione dalle offese, come fece la Vergine Maria. Ma sarebbe un grave errore per una donna musulmana associare le virtù al velo, perché, si sa, “non è l’abito che fa il monaco” e la religiosità si esprime ben al di là delle apparenze esteriori.
Brano tratto dall'opuscolo "Conoscere l'Islam"
A cura del CO.RE.IS. Milano
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